"Loro" è uno pseudo romanzo - invero la giustapposizione di racconti con la stessa ambientazione e qualche personaggio ricorrente - che indaga la paur"Loro" è uno pseudo romanzo - invero la giustapposizione di racconti con la stessa ambientazione e qualche personaggio ricorrente - che indaga la paura, quel senso di minaccia sotterranea e violenza mascherata, ravvisabili nella società contemporanea. A fare da sfondo a queste storie del terrore quotidiano è l'Inghilterra lussureggiante della costa, apparentemente innocua e idilliaca ma in realtà teatro di atti feroci.
Con una prosa criptica e secca, Dick dipinge una distopia i cui contorni sono appena tracciati: un gruppo terroristico decide - non sono indagati i motivi - di eliminare ogni traccia di arte, letteratura, musica e qualsiasi prova di sentimento umano, minacciando e punendo con torture e mutilazioni chiunque decida di opporre resistenza alla loro silenziosa operazione di devastazione e distruzione di opere e manufatti pubblici e privati.
Il senso di inquietudine provato dagli artisti, spiati nelle proprie abitazioni, minacciati e privati della loro professione, è reso in maniera distintiva con la creazione di un microuniverso senza tempo dove tutti i racconti sono inseriti, come a formare delle tessere di un mosaico.
Purtroppo ci sono dei limiti evidenti sia nell'esposizione sia nello stile. I racconti hanno tutti la stessa struttura, gli stessi elementi narrativi, lo stesso sfondo, i personaggi sono diversi ma in sostanza uguali, fanno sempre le stesse cose e subiscono sempre le stesse conseguenze in uno schema che, in sole 100 pagine, risulta stancante, oltre che povero d'immaginazione. Dal punto di vista espositivo, il fatto che per ogni racconto ci sia sempre un gruppo nutrito di personaggi di cui ci viene fornito solo il nome, senza nessuna descrizione, oltre a causare lo spiacevolissimo fenomeno noto come name dropping, genera anche molta confusione. Non aiuta uno stile asciutto fino a risultare arido, molto visivo, con rari sprazzi di introspezione. Apprezzo un certo distacco nel raccontare la paura e l'inquietudine - DeLillo insegna - ma in questi termini risulta davvero desertico. ...more
Il folklore giapponese entra con un malrovescio nella contemporaneità, sconquassando le vite ordinarie di uomini e donne comuni che, però, come tutti,Il folklore giapponese entra con un malrovescio nella contemporaneità, sconquassando le vite ordinarie di uomini e donne comuni che, però, come tutti, devono fare i conti con il mistero. La rilettura delle leggende e delle tradizioni è un’operazione inesauribile che riesce bene all’autrice, concentrata anche nell’individuare temi sociali attuali come la discriminazione di genere e la crisi della famiglia tradizionale. Nel migliore spirito giapponese, non ci sono finali ben definiti, al limite dell’inconcludente. ...more
Un racconto conciso che con una retorica misurata e brillante espone con un umorismo leggero gli squilibri di potere della società globalizzata e postUn racconto conciso che con una retorica misurata e brillante espone con un umorismo leggero gli squilibri di potere della società globalizzata e post-coloniale.
Fatou, immigrata della Costa d’Avorio, lavora come domestica per una ricca famiglia pakistana a Londra, vicino all’ambasciata di Cambogia, da cui passa ogni lunedì durante il suo limitato tempo libero. Fatou è esclusa dall’ingresso in ambasciata e si limita ad ascoltare i colpi, provenienti dall’interno, di una partita di badminton di cui intravede solo il punteggio che è sempre schiacciante per uno dei due giocatori (0-21).
La partita impossibile da vincere, però, è quella di Fatou con i suoi datori di lavoro che le impediscono di raggiungere un’indipendenza dignitosa e la trattano con una condiscendenza razzista, nonostante la condivisione di un passato da migranti.
Spietata e allo stesso tempo delicatissima trattazione – Zadie Smith è un’equilibrista della scrittura – sul privilegio e sulle differenze di classe. È un caso raro leggere libri così quieti e così scombussolanti. ...more
Racconti spiazzanti, racconti che ti mettono a disagio, che spezzano le convenzioni consolidate sulle relazioni, a cominciare dall'assunto per il qualRacconti spiazzanti, racconti che ti mettono a disagio, che spezzano le convenzioni consolidate sulle relazioni, a cominciare dall'assunto per il quale ci sia una perfetta corrispondenza di sentimenti tra due amanti, che amare significa prima di tutto comprendere, che il desiderio sia sempre trasparente e innocuo, che il sesso sia un atto d'intimità. L'autrice mette a nudo l'asimmetria presente in ogni dinamica relazionale contemporanea e per far questo mette in scena degli incubi, spesso grotteschi, che non sono altro che le fantasie e i desideri dei protagonisti. Desideri spesso repressi che diventano più mostruosi e inquietanti ogni volta che li ignoriamo.
Non fatevi ingannare dallo stile chiaro, diretto e quasi rude. Questa raccolta è tutt'altro che scontata. ...more
Il primo racconto è fenomenale, il resto un po' meno. Ma stiamo parlando sempre di quella vecchia sagoma di JD Salinger. Il primo racconto è fenomenale, il resto un po' meno. Ma stiamo parlando sempre di quella vecchia sagoma di JD Salinger. ...more
C'è questa espressione che non mi va più via dalla testa: "spolveriamoci il cuore e non pensiamoci più". Sembra una di quelle frasi simpatiche, ironicC'è questa espressione che non mi va più via dalla testa: "spolveriamoci il cuore e non pensiamoci più". Sembra una di quelle frasi simpatiche, ironici inserti colloquiali che gli scrittori usano spesso. Io invece credo che racchiuda tutta la tristezza del mondo. E D'arzo ci avverte: "quando ci si mette il mondo sa ben essere triste, però. Ha perfino intelligenza in questo". Questi racconti provano a sussurrarci le cose che si possono dire solo al buio, che non si ha il coraggio di riportare del tutto alla luce. Come la signora Nodier. Una vedova che, senza morire, ha arrestato il corso della sua esistenza. Quando un soldato le riporta a casa l'amata cagnolina del marito defunto, non riesce a sopportarne la forza della vita e la fa imbalsamare. La dimensione di questi brevi racconti è quella di un'infelice (ma sopportabile) quiete, quella di un'eterna sera. I personaggi sono quasi tutti senili, ipnotizzati dagli spettri viventi dei ricordi. Attendono. Più che le parole (per cui i protagonisti provano addirittura vergogna), parlano i colori del cielo di montagna: il viola, il blu, il grigio, l'ottone. Stiamo sospesi, non nella malinconia, né nel dolore né nel rimorso (come ci avverte il protagonista alla fine del racconto principale). Bensì in un grande vuoto. "Qualcosa era successo, una volta, e adesso era tutto finito".
Per fortuna Henry James si fa sentire a distanza di molte lune (che D'Arzo ama tanto). La sua influenza, sebbene ovvia, non è ingombrante e questa raccolta è una gemma. Lo stesso non si può dire per l'edizione Einaudi del 1980. Capisco tutte le vicissitudini editoriali che ha passato questo piccolo libriccino però non si può trovare nel testo "Cecof" al posto di Cechov, e una cascata di virgole messe a caso, due punti ripetuti come se fosse uno scritto in codice morse ecc.. Noto con piacere che è stata fatta una nuova edizione (in biblioteca purtroppo era disponibile solo una copia malconcia dell'edizione trapassata) e spero che sia stata corretta (o quanto meno, rivista!) la singhiozzante punteggiatura. Mi rifiuto di credere che D'Arzo la usasse in maniera così scellerata. Ad ogni modo, leggetelo, amici. ...more
Loading...
